Due ordinanze interlocutorie del Tribunale di Bologna sulla protezione complementare: chiesti chiarimenti alla Questura di Bologna
Con due distinte ordinanze entrambe datate 5 marzo 2025, il Tribunale Ordinario di Bologna – Sezione specializzata in materia di immigrazione – ha disposto approfondimenti istruttori nei procedimenti iscritti ai numeri R.G. 1659/2025 e R.G. 1836/2025, entrambi relativi alla difficoltà, per i ricorrenti, di accedere alla procedura di protezione complementare presso la Questura di Bologna.
Nel primo caso (R.G. 1659/2025), il ricorrente aveva dedotto di essersi recato due volte in Questura, in orari mattutini, senza riuscire a formalizzare la propria domanda di protezione. Il Tribunale ha escluso che vi sia competenza a sindacare genericamente l’organizzazione amministrativa, ma ha chiarito che laddove le modalità operative della pubblica amministrazione impediscano o ritardino irragionevolmente l’esercizio di un diritto soggettivo (quale quello di presentare una domanda di protezione), allora la giurisdizione ordinaria deve intervenire. Tuttavia, nel caso concreto, ha ritenuto insufficienti le sole due circostanze descritte per accertare l’impossibilità oggettiva di accesso e ha perciò disposto l’acquisizione di informazioni ex art. 213 c.p.c. dalla Questura di Bologna, in ordine a giornate, orari e numero di domande effettivamente ricevute.
Nel secondo caso (R.G. 1836/2025), l’accesso alla domanda era stato impedito con una motivazione legata alla mancanza di documentazione comprovante il domicilio a Bologna. Il Tribunale, con ampia motivazione, ha ricordato come la giurisprudenza – sia nazionale che interna allo stesso foro bolognese – escluda espressamente che la mancanza di prova del domicilio possa determinare l’irricevibilità di una domanda di protezione, trattandosi di un vizio eventualmente sanabile e da valutarsi nel merito. Anche in questo caso, è stata disposta un’istruttoria presso la Questura di Bologna per verificare se tale prassi – basata sulla richiesta preventiva di documentazione domiciliare – venga effettivamente seguita come causa di esclusione dall’accesso alla procedura.
Le due ordinanze, pur formalmente interlocutorie, confermano un orientamento consolidato: il diritto di accesso alla procedura di protezione non può essere subordinato a prassi amministrative rigide o contrarie alla normativa, e qualsiasi ostacolo concreto o interpretazione estensiva in senso restrittivo deve essere scrutinata dal giudice.
È significativo che in entrambi i procedimenti il Tribunale abbia fatto ricorso all’art. 213 c.p.c. per richiedere formalmente chiarimenti alla Questura di Bologna, a conferma dell’importanza attribuita alla trasparenza delle modalità operative e al principio di effettività del diritto.
Avv. Fabio Loscerbo
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