"Integrazione o ReImmigrazione" – Un nuovo paradigma per l'immigrazione: lavoro, lingua, rispetto delle regole. Chi non si integra, torna nel proprio Paese. Scopri il mio libro su Amazon: amzn.eu/d/9krfSjs #Immigrazione #Integrazione #ReImmigrazione
Benvenuti nel blog ufficiale dell'Avv. Fabio Loscerbo, uno spazio dedicato al diritto dell'immigrazione, alla protezione internazionale e complementare, e alla tutela dei diritti fondamentali. Questo blog nasce con l’obiettivo di offrire un punto di riferimento per chiunque sia interessato ad approfondire temi legati al diritto degli stranieri, sia in ambito giuridico che umano.
sabato 1 marzo 2025
venerdì 28 febbraio 2025
L'Integrazione come Paradigma: La Visione di un Nuovo Modello di Immigrazione
L'Integrazione come Paradigma: La Visione di un Nuovo Modello di Immigrazione
Avv. Fabio Loscerbo
Negli ultimi anni, il dibattito sull'immigrazione in Italia si è spesso polarizzato tra posizioni estremiste, che oscillano tra un'accoglienza indiscriminata e una chiusura totale. Tuttavia, la realtà richiede un approccio più strutturato e realistico, che tenga conto sia delle esigenze dello Stato che dei diritti e doveri dei migranti. La mia visione in materia di immigrazione si basa su un principio chiaro: l'integrazione deve diventare il nuovo paradigma per affrontare il fenomeno migratorio.
L’Integrazione Non è un'Opzione, ma un Dovere
L'integrazione non può essere considerata una scelta personale del migrante, ma un vero e proprio obbligo per chi decide di vivere in Italia. Il diritto di rimanere nel nostro Paese non può essere fondato esclusivamente sulla presenza di un contratto di lavoro, ma deve essere il risultato di un percorso di inclusione sociale basato su tre pilastri fondamentali:
- Lavoro: Il migrante deve dimostrare la volontà e la capacità di contribuire economicamente alla società, attraverso un impiego regolare o un percorso formativo finalizzato all'inserimento lavorativo.
- Conoscenza della Lingua: La padronanza dell'italiano è essenziale per una reale partecipazione alla vita sociale e lavorativa. Un immigrato che non conosce la lingua del Paese in cui vive rimane inevitabilmente ai margini della società.
- Rispetto delle Regole: La permanenza in Italia deve essere subordinata al rispetto delle leggi, del sistema giuridico e dei valori costituzionali. Chi non si conforma alle norme di convivenza civile non può pretendere di restare sul territorio nazionale.
ReImmigrazione: Chi Non si Integra Deve Tornare nel Paese di Origine
Se l'integrazione è il criterio fondamentale per l'immigrazione, ne consegue che chi non si integra deve tornare nel proprio Paese di origine. Questo principio, che possiamo definire ReImmigrazione, si basa sull'idea che l'Italia non può permettersi di mantenere situazioni di precarietà cronica o sacche di marginalità sociale che alimentano tensioni e illegalità.
Non si tratta di una politica di espulsione indiscriminata, ma di un meccanismo che incentiva i migranti a impegnarsi attivamente nel loro processo di inclusione. Se, dopo un periodo ragionevole, un individuo non ha dimostrato un serio impegno nel percorso di integrazione, il rimpatrio diventa una scelta logica e necessaria.
L’Errore della Politica Attuale: Il Legame Esclusivo tra Lavoro e Soggiorno
Uno degli errori più grandi delle attuali politiche migratorie è quello di vincolare il diritto a rimanere in Italia esclusivamente alla presenza di un impiego. Questo approccio, oltre a essere insufficiente, rischia di creare gravi distorsioni nel mercato del lavoro, incentivando sfruttamento e precarietà.
Un modello più equo e funzionale dovrebbe considerare il grado complessivo di integrazione del migrante, valutando non solo la sua posizione lavorativa, ma anche il suo coinvolgimento nella comunità, l’apprendimento della lingua e il rispetto delle regole.
Verso un Sistema Basato su Diritti e Doveri Reciproci
L'integrazione deve essere un processo bilaterale: lo Stato deve garantire strumenti efficaci per favorire l’inclusione (corsi di lingua, formazione professionale, accesso alla legalità), ma il migrante deve dimostrare di voler realmente far parte della società italiana.
Questa visione permette di superare la contrapposizione tra accoglienza passiva e respingimento indiscriminato, ponendo al centro un modello sostenibile e giuridicamente solido, che tutela sia i cittadini italiani che i migranti stessi.
Solo adottando una politica migratoria basata su integrazione, responsabilità e reciprocità, potremo costruire una società più equa, sicura e rispettosa dei diritti di tutti.
L'Integrazione come Fondamento del Diritto: La Sentenza del Tribunale di Bologna R.G. 3260/2024
L'Integrazione come Fondamento del Diritto: La Sentenza del Tribunale di Bologna R.G. 3260/2024
Avv. Fabio Loscerbo
La recente sentenza del Tribunale di Bologna (R.G. 3260/2024) segna un passo significativo nella giurisprudenza in materia di protezione speciale. Il provvedimento riconosce il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale a un cittadino straniero, valorizzando il percorso di integrazione sociale e lavorativa in Italia come elemento determinante.
L'Integrazione come Pilastro della Protezione Speciale
Il Tribunale ha ribadito un principio fondamentale: l'integrazione deve essere il nuovo paradigma per l'immigrazione. Il diritto di rimanere in Italia non può essere legato esclusivamente alla presenza di un contratto di lavoro, ma deve basarsi su tre pilastri essenziali: lavoro, conoscenza della lingua e rispetto delle regole. Questo approccio supera la logica emergenziale e introduce una visione strutturata del fenomeno migratorio, in cui la permanenza sul territorio nazionale è strettamente connessa alla capacità del cittadino straniero di inserirsi attivamente nel tessuto sociale.
Il Caso e la Decisione del Tribunale
Il ricorrente, presente in Italia dal 2020, si è visto negare il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale da parte della Questura di Ravenna, la quale aveva motivato il diniego evidenziando l'assenza di una documentazione sufficiente a dimostrare un percorso di integrazione adeguato. Tuttavia, il Tribunale, dopo aver analizzato il caso, ha ritenuto che il richiedente avesse sviluppato un significativo radicamento in Italia, comprovato da:
- Attività lavorativa regolare e una progressiva autonomia economica, con stipendi documentati e contributi previdenziali versati.
- Buona conoscenza della lingua italiana, confermata dall’ottenimento della certificazione B1 e dalla partecipazione a corsi scolastici.
- Una rete di relazioni sociali e affettive consolidate nel territorio italiano, in cui il ricorrente ha sviluppato una vita privata riconosciuta dalle norme della CEDU.
Il Principio di ReImmigrazione e la Necessità di Regole Chiare
Il Tribunale ha quindi applicato i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, riconoscendo che il respingimento del richiedente avrebbe comportato una violazione del diritto alla vita privata e familiare, come tutelato dall'art. 8 CEDU e dall'art. 19 TUI. Questo conferma l'importanza di una valutazione complessiva dell'integrazione, che non può limitarsi a parametri formali, ma deve considerare il percorso di inserimento reale del migrante.
D’altro canto, l’integrazione non può essere vista come un’opzione, ma come un preciso obbligo per chi sceglie di stabilirsi in Italia. Chi non rispetta le regole e non intraprende un percorso di integrazione deve essere soggetto al principio della ReImmigrazione, ovvero il ritorno nel paese di origine per chi non dimostra di voler aderire ai valori della società italiana.
Verso una Nuova Politica Migratoria
La sentenza del Tribunale di Bologna rappresenta un modello per la gestione dell’immigrazione, che deve fondarsi su criteri oggettivi di integrazione e non su valutazioni discrezionali prive di fondamento. Il riconoscimento della protezione speciale non deve essere un automatismo, ma nemmeno può essere negato a chi dimostra di aver avviato un reale percorso di inclusione.
L'integrazione deve essere il criterio guida delle politiche migratorie: chi lavora, impara la lingua e rispetta le regole deve avere il diritto di restare. Al contrario, chi non si integra deve essere rimpatriato, evitando il mantenimento di situazioni di precarietà che danneggiano sia i migranti sia la società ospitante.
Questa sentenza conferma che l'Italia ha gli strumenti giuridici per premiare chi si integra e per garantire che la protezione sia concessa solo a chi realmente contribuisce alla comunità. Un passo avanti verso una gestione dell’immigrazione più equa, basata su diritti e doveri chiari e reciproci.
Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione
Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione
Avv. Fabio Loscerbo
L'immigrazione non è solo una questione di gestione dei flussi e di regolamentazione amministrativa, ma un fenomeno complesso che richiede una prospettiva più ampia e strutturata. La recente sentenza del Tribunale di Bologna offre uno spunto di riflessione cruciale su come il concetto di integrazione stia assumendo un ruolo sempre più centrale nel dibattito giuridico e politico.
Dalla Protezione alla Stabilità Sociale: Il Caso Giuridico
Il Tribunale di Bologna, con la sua decisione, ha riconosciuto il diritto alla protezione speciale a una cittadina straniera, evidenziando come il suo inserimento sociale e lavorativo in Italia rappresentasse un elemento determinante ai fini della concessione del permesso di soggiorno. La pronuncia conferma l'orientamento della giurisprudenza italiana ed europea secondo cui il grado di integrazione del richiedente non può essere trascurato nella valutazione della sua posizione giuridica.
La richiedente, presente in Italia da oltre due anni, aveva intrapreso un percorso di crescita e stabilizzazione nel tessuto sociale italiano, lavorando in regola, costruendo relazioni significative e dimostrando un'effettiva autonomia abitativa. Il Tribunale ha sottolineato come l'integrazione economica e sociale sia un fattore determinante per il riconoscimento della protezione speciale, in linea con l'art. 19 del D.Lgs. 286/1998 e con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha affermato la necessità di valutare la vita privata e familiare del richiedente nel contesto dell'art. 8 CEDU.
Un Nuovo Modello di Valutazione: L’Integrazione come Criterio Prioritario
La sentenza segna un punto di svolta nell'approccio all'immigrazione, mettendo in evidenza che l'integrazione non è solo un'opzione, ma un diritto che deve essere tutelato. L'idea di protezione non può limitarsi esclusivamente alla presenza di pericoli oggettivi nel Paese d'origine, ma deve estendersi anche al rischio concreto di uno "sradicamento forzato" dal contesto in cui il richiedente ha costruito la propria esistenza.
L'ordinamento italiano, alla luce della riforma del 2020 e della più recente legislazione del 2023, ha progressivamente consolidato il principio secondo cui l'integrazione sociale ed economica rappresenta un elemento chiave nella concessione della protezione speciale. Il Tribunale ha espressamente riconosciuto che la perdita del lavoro, della rete sociale e della stabilità acquisita costituirebbe una grave lesione dei diritti fondamentali del richiedente, violando l'art. 8 della CEDU e gli obblighi costituzionali italiani.
Dalla Sentenza alla Politica: Un Modello da Seguire
L’integrazione deve essere concepita non solo come un parametro valutativo nei procedimenti giudiziari, ma come un obiettivo politico e amministrativo. Questo significa:
Migliorare l’accesso alla formazione e all’occupazione per i migranti per favorire una reale inclusione nel mercato del lavoro;
Promuovere politiche abitative e di sostegno sociale che consentano ai migranti di vivere in autonomia e sicurezza;
Adottare un approccio pragmatico alla protezione internazionale e speciale, evitando che la burocrazia si trasformi in un ostacolo insormontabile alla stabilizzazione delle persone già integrate.
Questa sentenza, dunque, non è solo una decisione favorevole a un singolo individuo, ma rappresenta un tassello fondamentale per la costruzione di una visione più moderna e inclusiva del fenomeno migratorio, in cui il riconoscimento della protezione non sia più un’eccezione concessa con riluttanza, ma un elemento strutturale della società.
Conclusione
L’integrazione non è un lusso, ma una necessità giuridica e sociale. La sentenza del Tribunale di Bologna dimostra che la stabilizzazione dei migranti attraverso il riconoscimento del loro radicamento sociale è un principio che deve guidare le scelte normative e amministrative. Il diritto alla protezione non può essere interpretato in modo restrittivo, ma deve essere letto in funzione della dignità della persona, della sua capacità di costruire una nuova vita e del contributo che essa può offrire alla comunità di accoglienza.
L’integrazione deve diventare il nuovo paradigma dell’immigrazione, per una società più equa, sicura e rispettosa dei diritti di tutti.
giovedì 27 febbraio 2025
Il diritto alla protezione complementare e l'obbligo della Questura: analisi di una recente ordinanza del Tribunale di Bologna
Il diritto alla protezione complementare e l'obbligo della Questura: analisi di una recente ordinanza del Tribunale di Bologna
Introduzione La protezione complementare costituisce un elemento centrale del sistema di tutela dei richiedenti asilo in Italia, ma la sua concreta applicazione è spesso ostacolata da prassi amministrative che ne limitano l'accessibilità. In tale contesto si inserisce l'ordinanza del Tribunale di Bologna (N.R.G. 1199/2025), che ha ribadito l'obbligo della Questura di ricevere le istanze di protezione complementare e di avviare il relativo procedimento amministrativo.
Il caso sottoposto al giudizio Il ricorrente aveva presentato istanza di protezione complementare presso la Questura di Forlì il 18 novembre 2024. A seguito dell’inerzia dell’Amministrazione, il richiedente ha inoltrato due solleciti (13 e 20 gennaio 2025) senza ricevere alcun riscontro. In ragione di ciò, ha promosso ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. al fine di ottenere la fissazione di un appuntamento e il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio.
La posizione del ricorrente e il quadro normativo Il ricorrente ha invocato il diritto alla protezione complementare, richiamando la Direttiva 2013/32/UE, recepita nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 25/2008, e l’art. 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che garantisce il diritto di asilo. Inoltre, ha fatto riferimento alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-808/18), che impone agli Stati membri di garantire l’accesso effettivo alla procedura di protezione.
La decisione del Tribunale Il Tribunale di Bologna ha accolto la domanda cautelare, riconoscendo la sussistenza sia del fumus boni iuris, ossia la fondatezza giuridica della pretesa, sia del periculum in mora, ovvero il rischio concreto per il ricorrente di subire un pregiudizio irreparabile in caso di ulteriore ritardo nella formalizzazione della domanda.
Il Giudice ha ritenuto che:
- L’inazione della Questura costituisce una violazione del diritto di accesso alla protezione internazionale e complementare, così come garantito dalla normativa nazionale ed europea.
- La mancata calendarizzazione di un appuntamento per la formalizzazione della domanda di protezione complementare configura un’illegittima preclusione all’esercizio di un diritto fondamentale.
- La disciplina introdotta dalla L. 50/2023 impone che le istanze di protezione complementare siano trattate nell’ambito della procedura per la protezione internazionale, garantendo l’accesso alla Questura per la loro formalizzazione.
Le implicazioni della pronuncia L’ordinanza stabilisce un principio di grande rilievo: la Questura non può ostacolare l’accesso alla procedura di protezione complementare mediante il proprio silenzio amministrativo. Il diritto di presentare domanda deve essere garantito attraverso la fissazione di un appuntamento e il rilascio di una ricevuta di permesso di soggiorno provvisorio.
Il Tribunale ha ordinato alla Questura di Forlì di:
- ricevere l’istanza di protezione complementare secondo la procedura di protezione internazionale;
- rilasciare la ricevuta di permesso di soggiorno provvisorio;
- in alternativa, fissare un appuntamento entro 15 giorni, rilasciando un’attestazione di pendenza della procedura.
Conclusione Questa ordinanza del Tribunale di Bologna rappresenta un ulteriore passo avanti nella tutela del diritto alla protezione complementare, riaffermando il principio secondo cui l’Amministrazione è obbligata a garantire l’accesso effettivo alla procedura e non può frapporre ostacoli arbitrari alla formalizzazione delle istanze. Il provvedimento offre un importante riferimento per chi si trovi in situazioni analoghe e consolida l’orientamento giurisprudenziale volto a tutelare il diritto d’asilo e la protezione internazionale.
Avv. Fabio Loscerbo
martedì 25 febbraio 2025
27 febbraio giornata di mobilitazione nazionale lavoratori migranti: presidio anche a Reggio Calabria https://ift.tt/aplt4hZ ... migranti a mantenere un impiego per non perdere il permesso di soggiorno. ... Dopo il Decreto Cutro, che ha abolito la Protezione Speciale, si è ... false
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giovedì 20 febbraio 2025
Truffa dei Decreti Flussi in Campania: un dramma umano e sociale - Stranieri in Italia https://ift.tt/V38ZsqR Speciale Decreto Flussi ... Dopo il raggiro iniziale, gli stessi truffatori suggeriscono nuove strategie per ottenere un permesso di soggiorno. false
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domenica 16 febbraio 2025
Protezione Speciale: Le Recenti Pronunce Giurisprudenziali
Protezione Speciale: Le Recenti Pronunce Giurisprudenziali
La protezione speciale rappresenta un'importante forma di tutela per i cittadini stranieri che, pur non avendo diritto allo status di rifugiato o alla protezione sussidiaria, si trovano in situazioni di vulnerabilità tali da impedire il loro rimpatrio.
Di recente, il Tribunale di Bologna, con l'ordinanza n. 13151/2023, ha ribadito che la ricevuta di presentazione della domanda di protezione speciale ha valore di permesso di soggiorno provvisorio, consentendo al richiedente di rimanere regolarmente in Italia fino alla decisione finale.
Questa sentenza si inserisce in un orientamento giurisprudenziale sempre più attento alla tutela del diritto alla vita privata e familiare dello straniero, come previsto dall’art. 19 del D.Lgs. 286/98 e dall’art. 8 della CEDU.
📌 Per approfondimenti: www.avvocatofabioloscerbo.it
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36
Recenti Sviluppi Giurisprudenziali sul Permesso di Soggiorno per Lavoro Subordinato
Recenti Sviluppi Giurisprudenziali sul Permesso di Soggiorno per Lavoro Subordinato
La giurisprudenza italiana ha recentemente affrontato temi rilevanti riguardanti il permesso di soggiorno per lavoro subordinato. Ecco alcuni punti chiave:
1. Conversione del Permesso per Lavoro Stagionale in Lavoro Subordinato
Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) dell'Emilia-Romagna, con la sentenza n. 69 del 22 gennaio 2025, ha annullato un provvedimento della Prefettura di Modena che aveva revocato un nulla osta per la conversione di un permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato. Il TAR ha stabilito che la scadenza del permesso di soggiorno stagionale non costituisce un ostacolo insormontabile alla conversione, purché il richiedente dimostri l'esistenza di un contratto di lavoro valido e altri requisiti sostanziali. citeturn0search0
2. Obbligo di Comunicazione dei Motivi Ostativi
Sempre il TAR Emilia-Romagna, nella sentenza n. 887 del 3 dicembre 2024, ha evidenziato l'importanza del rispetto dell'art. 10-bis della legge n. 241/1990. Nel caso in esame, l'Amministrazione aveva rigettato un'istanza di conversione del permesso di soggiorno senza attendere il termine di 10 giorni assegnato al richiedente per presentare memorie difensive. Il Tribunale ha ritenuto tale comportamento in violazione del diritto al contraddittorio, annullando il provvedimento impugnato. citeturn0search4
3. Requisiti per l'Emersione del Lavoro Irregolare
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 149 del 18 luglio 2023, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale di una parte dell'art. 103, comma 1, del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34. La norma prevedeva che solo i datori di lavoro stranieri in possesso di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo potessero presentare istanza per l'emersione di rapporti di lavoro irregolari. La Corte ha ritenuto tale limitazione discriminatoria, estendendo la possibilità di presentare istanza anche ai datori di lavoro stranieri regolarmente soggiornanti in Italia. citeturn0search3
Conclusione
Questi sviluppi giurisprudenziali evidenziano l'evoluzione del quadro normativo italiano in materia di immigrazione, con un'attenzione particolare alla tutela dei diritti dei lavoratori stranieri e al rispetto delle garanzie procedurali.
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36
Nota: Le informazioni fornite sono basate su sentenze aggiornate al momento della pubblicazione.
Permesso di soggiorno per assistenza minori ex art. 31 D.Lgs. 286/98
Permesso di soggiorno per assistenza minori ex art. 31 D.Lgs. 286/98
L’art. 31 del D.Lgs. 286/98 tutela i minori stranieri in Italia, consentendo ai genitori di ottenere un permesso di soggiorno quando la loro presenza è indispensabile per il benessere del minore. L’autorizzazione è concessa dal Tribunale per i Minorenni e ha una durata variabile. La giurisprudenza conferma che l’interesse superiore del minore deve prevalere in ogni decisione.
📌 Per approfondimenti: www.avvocatofabioloscerbo.it
Avv. Fabio Loscerbo
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February 16, 2025 at 11:34AM
Permesso di soggiorno per assistenza minori ex art. 31 D.Lgs. 286/98
Permesso di soggiorno per assistenza minori ex art. 31 D.Lgs. 286/98
L’art. 31 del D.Lgs. 286/98 tutela i minori stranieri in Italia, consentendo ai genitori di ottenere un permesso di soggiorno quando la loro presenza è indispensabile per il benessere del minore. L’autorizzazione è concessa dal Tribunale per i Minorenni e ha una durata variabile. La giurisprudenza conferma che l’interesse superiore del minore deve prevalere in ogni decisione.
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Avv. Fabio Loscerbo
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sabato 15 febbraio 2025
Conversione del permesso di soggiorno per cure mediche in permesso di lavoro: due ordinanze chiariscono i limiti normativi
Conversione del permesso di soggiorno per cure mediche in permesso di lavoro: due ordinanze chiariscono i limiti normativi
Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36
Recenti provvedimenti del Consiglio di Stato e del Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) del Veneto hanno affrontato il delicato tema della conversione del permesso di soggiorno per cure mediche in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, alla luce delle modifiche normative introdotte dal Decreto-Legge n. 20/2023.
Il quadro normativo di riferimento
Il Decreto-Legge n. 20 del 10 marzo 2023, convertito con modificazioni dalla Legge n. 50 del 5 maggio 2023, ha apportato significative modifiche al Testo Unico sull'Immigrazione (D.Lgs. n. 286/1998), eliminando la possibilità di convertire il permesso di soggiorno per cure mediche in permesso per lavoro. Tuttavia, l’articolo 7 del decreto ha introdotto una disciplina transitoria, consentendo la conversione solo per determinate tipologie di permessi già in corso di validità prima dell’entrata in vigore della riforma.
Le decisioni giurisprudenziali
Il TAR del Veneto, con ordinanza del 4 settembre 2024, ha esaminato il caso di un cittadino straniero a cui la Questura aveva negato la conversione del permesso di soggiorno per cure mediche in permesso per lavoro subordinato. Il giudice amministrativo ha confermato la legittimità del provvedimento, evidenziando che il Decreto-Legge n. 20/2023 ha eliminato questa possibilità e che la disciplina transitoria non si applica ai permessi per cure mediche.
Successivamente, il Consiglio di Stato, con ordinanza n. 3747 del 25 settembre 2024, ha confermato l’interpretazione del TAR Veneto, ribadendo che la normativa attuale non prevede alcuna conversione per i permessi di soggiorno per cure mediche, salvo che la richiesta sia stata presentata prima del 10 marzo 2023.
Implicazioni per i cittadini stranieri
Queste pronunce confermano un’interpretazione restrittiva della normativa, escludendo la possibilità di conversione per coloro che hanno ottenuto un permesso di soggiorno per cure mediche dopo l’entrata in vigore del Decreto-Legge n. 20/2023. Pertanto, per chi si trova in questa situazione, sarà necessario valutare altre opzioni per regolarizzare la propria posizione in Italia, come l’eventuale presentazione di una nuova istanza per protezione speciale o per altri motivi previsti dalla legge.
Si tratta di una questione di grande rilevanza pratica, che evidenzia ancora una volta la necessità di un'interpretazione chiara e coerente delle norme in materia di immigrazione, evitando incertezze che possano penalizzare i cittadini stranieri e le loro possibilità di integrazione socio-lavorativa.
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