Rigetto della Sospensiva in Materia di Conversione del Permesso di Soggiorno: Ordinanza TAR Emilia-Romagna, R.G. 492/2025 del 14 maggio 2025
Abstract:
Con l’ordinanza n. 492/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia-Romagna ha rigettato l’istanza cautelare proposta da un cittadino straniero avverso il provvedimento di revoca del nulla osta alla conversione del permesso di soggiorno da stagionale a subordinato. Nonostante la difesa avesse dedotto l’esistenza di fatti sopravvenuti e straordinari (in primis, gli eventi alluvionali del 2023 in Emilia-Romagna), il Collegio ha ritenuto prevalente la valutazione negativa sulla capacità reddituale del datore di lavoro.
1. Premessa
Il procedimento nasce dall'impugnazione, da parte del lavoratore straniero, di un provvedimento della Prefettura di Bologna con cui veniva revocato il nulla osta alla conversione del permesso di soggiorno per lavoro stagionale in subordinato, motivato dalla presunta insufficienza reddituale dell’impresa agricola datrice di lavoro.
L’istanza cautelare ex art. 55 c.p.a. mirava a ottenere la sospensione del provvedimento, evidenziando da un lato la fondatezza giuridica del ricorso (fumus boni iuris) e dall’altro l’urgenza e l’irreparabilità del pregiudizio (periculum in mora).
2. Il contesto fattuale e normativo
Nel caso di specie, la revoca del nulla osta è fondata sulla mancata dimostrazione del requisito reddituale minimo, pari a 30.000 euro annui, previsto dal combinato disposto dell’art. 30-bis, comma 8, del D.P.R. 394/1999 e del D.M. 27 maggio 2020.
La difesa ha contestato la rigidità di tale valutazione, rappresentando che la difficoltà economica era frutto di eventi alluvionali che avevano colpito l’azienda agricola del datore di lavoro, compromettendone temporaneamente la produttività. A corredo veniva depositata anche una relazione geologica a firma di tecnico abilitato, attestante i danni subiti.
3. Le argomentazioni dell’Amministrazione e l’ordinanza del TAR
La Prefettura, nonostante la memoria difensiva ex art. 10-bis L. 241/1990, ha confermato la revoca del nulla osta, ritenendo non superata l'insufficienza reddituale del datore di lavoro.
Il TAR ha condiviso tale impostazione, osservando che l’insussistenza del requisito reddituale non era stata sostanzialmente contestata nella sua esistenza oggettiva, e che i fattori dedotti a giustificazione (ripresa dell’attività e eventi meteorici) non erano idonei a invalidare tale carenza.
Di conseguenza, ha respinto la richiesta di sospensione cautelare, compensando le spese della fase cautelare per la particolarità della vicenda.
4. Riflessioni critiche
L’ordinanza merita un commento critico sotto il profilo della tenuta sistemica dell’impianto normativo in tema di immigrazione e lavoro. Il rigetto della sospensiva appare in controtendenza rispetto a un orientamento giurisprudenziale consolidato (v. TAR Emilia-Romagna, ord. n. 408/2023; TAR Lecce, ord. n. 83/2025), secondo cui non è conforme al principio di proporzionalità penalizzare il lavoratore per carenze imputabili al datore di lavoro, soprattutto se temporanee e derivanti da cause di forza maggiore.
Non va dimenticato che l'art. 22 T.U. Immigrazione consente la revoca del nulla osta in caso di successiva perdita dei requisiti, il che implica anche la possibilità di concederlo in via provvisoria quando l'attività sia effettivamente in corso, come nel caso di specie.
Inoltre, la non valutazione dell’intera documentazione difensiva, che includeva dati economici aggiornati e patrimonio immobiliare del datore di lavoro, potrebbe configurare un vizio di motivazione e difetto di istruttoria in sede di giudizio di merito.
5. Conclusioni
Il caso solleva importanti interrogativi sul ruolo del giudice amministrativo nella tutela del lavoratore straniero integrato, in presenza di rigidità amministrative che non tengono conto della realtà economica dinamica né delle contingenze straordinarie. La decisione cautelare non esaurisce il merito del giudizio, che potrà ancora ribaltare l’esito, ma lancia un monito sul rischio che l’approccio meramente formale possa minare la funzione costituzionale dell’integrazione lavorativa come strumento di coesione sociale.
Avv. Fabio Loscerbo
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