sabato 28 giugno 2025

Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025

 Il mancato rispetto del requisito minimo di attività lavorativa per la conversione del permesso stagionale: rigetto legittimo secondo il TAR Puglia

Commento alla sentenza del T.A.R. Puglia – Sez. III, n. 809/2025, R.G. n. 602/2024, depositata il 12 giugno 2025

Nel contesto del diritto dell’immigrazione economica, la conversione del permesso di soggiorno da lavoro stagionale a lavoro subordinato rappresenta una possibilità condizionata al rispetto di requisiti normativi rigorosamente disciplinati. Con la sentenza n. 809/2025, il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Terza) ha confermato la legittimità del rigetto di una richiesta di conversione per mancanza del prescritto requisito di attività lavorativa minimo, ponendo in risalto l'importanza del parametro oggettivo rappresentato dalle "39 giornate lavorative nel trimestre".

La fattispecie riguardava un lavoratore extracomunitario impiegato come bracciante agricolo, il quale aveva svolto 42 giornate di lavoro in 5 mesi. L’istanza di conversione del permesso, presentata presso lo Sportello Unico per l’Immigrazione di Bari, era stata rigettata in quanto non risultava soddisfatta la soglia richiesta di 39 giornate lavorative concentrate in un arco temporale massimo di tre mesi, come ribadito dalla circolare interministeriale n. 5969 del 27 ottobre 2023.

Il TAR ha evidenziato che l’art. 24, comma 10, del d.lgs. n. 286/1998, consente la conversione solo laddove l’attività lavorativa sia stata svolta “per almeno tre mesi”, e che, nel settore agricolo, tale requisito è quantificato proprio nella soglia delle 39 giornate trimestrali, da intendersi come prestazione continuativa e regolare, con copertura contributiva. La soglia temporale deve quindi essere rispettata non solo nel numero, ma anche nella concentrazione entro il trimestre di riferimento.

Significativo è l’approfondimento offerto dal Collegio in ordine alla natura non soggettiva del diritto all’ingresso e al soggiorno per lavoro: l’accesso al territorio nazionale per motivi lavorativi è subordinato a un regime autorizzatorio, inserito in una più ampia cornice di gestione statuale dei flussi migratori, come riconosciuto anche dal diritto dell’Unione Europea. Viene infatti richiamato l’art. 79, par. 5, TFUE, che riafferma la riserva di sovranità degli Stati membri nella determinazione del volume di ingresso per motivi di lavoro.

La pronuncia, in continuità con altre decisioni della medesima sezione (tra cui TAR Puglia, sent. n. 45/2025), ribadisce che l’Amministrazione è vincolata all’applicazione delle condizioni tipiche previste dal Testo Unico Immigrazione e dalle sue circolari attuative, escludendo margini di discrezionalità laddove l’istanza difetti dei presupposti normativi, anche alla luce di pareri tecnici – nel caso specifico, dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro.

Il ricorso è stato quindi respinto, con compensazione delle spese di lite, e con dichiarazione di inammissibilità della domanda di ammissione al patrocinio a spese dello Stato per carenza documentale (mancata produzione della certificazione consolare dei redditi esteri o dichiarazione sostitutiva).

Questa decisione conferma l’orientamento secondo cui il diritto al lavoro, pur riconosciuto a livello costituzionale e sovranazionale, non implica un automatismo nel riconoscimento o nella conversione del titolo di soggiorno in assenza dei requisiti positivi stabiliti dalla normativa primaria e dalla prassi consolidata.

Avv. Fabio Loscerbo

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