sabato 8 marzo 2025

La Commissione Territoriale e il Ruolo della Protezione Speciale nell’Attuale Contesto Normativo

 La Commissione Territoriale e il Ruolo della Protezione Speciale nell’Attuale Contesto Normativo

Introduzione

La protezione internazionale è un istituto fondamentale per la tutela dei diritti umani, regolata da convenzioni internazionali e dalla normativa dell’Unione Europea. Tuttavia, la prassi applicativa delle Commissioni Territoriali dimostra come l’accesso a tali forme di protezione sia spesso limitato, determinando un ricorso sempre più frequente alla protezione speciale, introdotta nel nostro ordinamento con il D.L. 130/2020 e disciplinata dall’art. 19 del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 286/1998).


Il Caso Esaminato dalla Commissione Territoriale di Verona – Sezione Vicenza

Nel caso analizzato, il richiedente, un cittadino marocchino, ha presentato istanza di protezione internazionale adducendo motivazioni legate alla precarietà economica e all’impossibilità di sostenere la propria famiglia nel Paese d’origine. Il procedimento si è svolto secondo la procedura ordinaria, nonostante il Marocco rientri tra i Paesi di origine sicuri. La Commissione, pur riconoscendo la credibilità delle dichiarazioni, ha respinto la richiesta di protezione internazionale, escludendo sia lo status di rifugiato sia la protezione sussidiaria.


La Protezione Speciale: Un Riconoscimento Imprescindibile

Nonostante il rigetto della protezione internazionale, la Commissione ha ravvisato i presupposti per il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale ai sensi dell’art. 32, comma 3, del D.Lgs. 25/2008. Tale riconoscimento si basa su due fattori chiave:


Il radicamento socio-lavorativo del richiedente – In Italia dal 2021, il richiedente ha maturato un percorso di integrazione dimostrato da contratti di lavoro regolari e attestati di formazione professionale.

La tutela della vita privata e familiare – L’allontanamento dal territorio nazionale comporterebbe una violazione dell’art. 8 della CEDU, che protegge il diritto alla vita privata e familiare, così come riconosciuto dall’art. 19, comma 1.1, del D.Lgs. 286/1998.

La Sentenza Elgafaji e i Limiti della Protezione Sussidiaria

Il provvedimento della Commissione evidenzia come la protezione sussidiaria venga negata in assenza di un conflitto armato generalizzato. Tuttavia, la giurisprudenza europea (sentenza Elgafaji, C-465/07) ha chiarito che anche situazioni di violenza diffusa e instabilità possono giustificare la concessione di tale forma di protezione, sebbene la valutazione rimanga discrezionale.


L’Integrazione come Nuovo Paradigma della Protezione

L’elemento centrale del riconoscimento della protezione speciale è l’integrazione del richiedente nel tessuto economico e sociale italiano. Questa decisione conferma l’evoluzione del concetto di protezione, che non si limita più alla mera condizione di pericolo nel Paese d’origine, ma considera il livello di radicamento e il rispetto delle regole come elementi essenziali per la permanenza in Italia.


Conclusioni

Il caso analizzato rappresenta un chiaro esempio di come la protezione speciale sia diventata uno strumento indispensabile per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Tuttavia, la sua applicazione dovrebbe essere affiancata da una riforma più ampia che riconosca l’integrazione come criterio centrale per la regolarizzazione del soggiorno degli stranieri in Italia. La protezione internazionale non può essere l’unico criterio di permanenza: l’obbligo di integrazione deve diventare il nuovo paradigma dell’immigrazione, garantendo una permanenza legata non solo al rischio nel Paese d’origine, ma alla capacità del migrante di inserirsi nella società italiana.

Integrazione e Reimmigrazione: Verso una Nuova Narrazione Giuridica e Sociale

 Integrazione e Reimmigrazione: Verso una Nuova Narrazione Giuridica e Sociale

La costante giurisprudenza che valorizza il percorso di integrazione è un faro che conferma l'idea espressa nel libro "Integrazione o Reimmigrazione". È necessario costruire una corretta narrazione dei termini integrazione e reimmigrazione, affinché non restino concetti astratti ma si traducano in principi chiari e applicabili.

Anche oggi al lavoro per approfondire e sviluppare questi temi, tra sentenze, articoli e strategie di diffusione. Ma una pausa con un buon toscano fuori dallo studio ci vuole: riflessione giuridica e boccata d’aria, un binomio inscindibile! 😏🔥







giovedì 6 marzo 2025

Evento Formativo: "La Rotta dei Diritti Fondamentali" – Bologna, 6 marzo 2025Il 6 marzo 2025

Evento Formativo: "La Rotta dei Diritti Fondamentali" – Bologna, 6 marzo 2025

Il 6 marzo 2025 ho partecipato all’evento formativo "La Rotta dei Diritti Fondamentali", organizzato da Magistratura Democratica presso la Sala Atelier di Bologna. Un'occasione di confronto e approfondimento sulle tutele dei migranti nel quadro del diritto europeo e del diritto interno.

L'incontro è stato aperto da Letizio Magliaro, Segretario di Magistratura Democratica Emilia Romagna, seguito dagli interventi di esperti del settore:

Chiara Favilli, Professoressa ordinaria di Diritto dell'Unione Europea presso l'Università di Firenze;

Marco Gattuso, Magistrato presso il Tribunale civile di Bologna;

Valeria Bolici, Magistrata presso il Tribunale penale di Bologna;

Francesca Cancellaro, Avvocata del Foro di Bologna.


A concludere l’incontro, Silvia Albano, Presidente di Magistratura Democratica, che ha sottolineato l'importanza di un'interpretazione delle norme conforme ai principi fondamentali di tutela dei diritti umani.

L'evento ha offerto spunti di riflessione su temi cruciali come la protezione internazionale, la protezione complementare e le sfide dell’integrazione nel contesto giuridico attuale. La giornata si è poi conclusa con lo spettacolo "Sotto lo stesso cielo" della Compagnia del Kintsugi e del Marconi School Musical.

Un ringraziamento agli organizzatori per l'opportunità di partecipare a questo momento di approfondimento e aggiornamento professionale, riconosciuto con 3 crediti formativi dal COA di Bologna.


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#DirittoImmigrazione #ProtezioneComplementare #DirittiUmani #MagistraturaDemocratica #FormazioneGiuridica

mercoledì 5 marzo 2025

Segnalazione Schengen e diniego del permesso di soggiorno: una rigidità normativa che ostacola l’integrazione

 

Segnalazione Schengen e diniego del permesso di soggiorno: una rigidità normativa che ostacola l’integrazione

La recente sentenza del TAR Emilia-Romagna, n. 638/2024, evidenzia ancora una volta come la normativa italiana sull’immigrazione continui a essere fondata su automatismi che impediscono una valutazione individuale delle situazioni e ostacolano il processo di integrazione. Il caso in questione riguarda il diniego di un permesso di soggiorno per emersione del lavoro irregolare a un cittadino marocchino, esclusivamente a causa di una segnalazione nel Sistema Informativo Schengen (SIS) inserita dalla Francia a seguito di un’espulsione avvenuta nel 2021.

La decisione del TAR conferma l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la presenza di una segnalazione Schengen ai fini della non ammissione nel territorio costituisce un motivo ostativo assoluto al rilascio del permesso di soggiorno, impedendo alla pubblica amministrazione di valutare nel merito la posizione del richiedente. Questo approccio esclude qualsiasi analisi sull’integrazione effettiva del lavoratore straniero in Italia, ignorando il contributo economico e sociale che potrebbe apportare al Paese.

La mia visione sull’immigrazione, che ho espresso nel libro "Integrazione o ReImmigrazione", si basa su un paradigma chiaro: l’integrazione deve essere fondata su tre pilastri lavoro, lingua e rispetto delle regole. Chi dimostra di rispettare questi requisiti deve poter restare, indipendentemente da ostacoli burocratici o da decisioni amministrative prive di un’analisi individuale. La segnalazione Schengen, in questo caso, viene applicata in modo indiscriminato, senza verificare se il soggetto abbia sviluppato un percorso di inclusione sociale e lavorativa in Italia.

Il diritto dell’Unione Europea prevede che le segnalazioni Schengen non siano automaticamente vincolanti per gli Stati membri, ma possano essere valutate alla luce della situazione concreta del richiedente e degli obiettivi della domanda di soggiorno. Tuttavia, l’ordinamento italiano continua ad adottare un approccio burocratico e restrittivo, che ostacola qualsiasi possibilità di regolarizzazione anche per chi lavora onestamente e rispetta le leggi.

L’integrazione non può essere un concetto teorico, ma deve essere un processo misurabile, basato su criteri chiari e applicabili. L’applicazione automatica della segnalazione Schengen nega di fatto il diritto all’integrazione, creando un circolo vizioso in cui chi è già presente sul territorio viene respinto senza alternative, contribuendo a incrementare l’irregolarità. Un modello più equo dovrebbe prevedere la possibilità di una verifica individuale, che valuti il contributo sociale ed economico del richiedente e l’assenza di reali motivi di pericolosità per la sicurezza pubblica.

Questa sentenza dimostra l’urgente necessità di riformare il sistema di accesso alla regolarizzazione, adottando criteri che bilancino sicurezza e integrazione. L’Italia non può continuare a gestire l’immigrazione con norme rigide e punitive, ma deve adottare un modello razionale e sostenibile, che premi chi si integra e garantisca regole certe per chi non rispetta le condizioni di permanenza. La ReImmigrazione non deve essere un’esclusione pregiudiziale, ma un principio regolatore per chi non si integra, senza penalizzare chi contribuisce attivamente alla società.

Avv. Fabio Loscerbo
📧 avv.loscerbo@gmail.com
🌐 https://www.avvocatofabioloscerbo.it

martedì 4 marzo 2025

📢 Evento imperdibile a Bologna!
📅 6 marzo 2025
📍 Sala Atelier Si, via San Vitale 69, ore 16:00

🔹 "La rotta dei diritti fondamentali"
⚖️ Tutele dei migranti tra diritto europeo e interno
🎤 Interventi di magistrati, avvocati ed esperti
🔹 Con la partecipazione della dott.ssa Silvia Albano, Presidente di Magistratura Democratica
🎭 A seguire: spettacolo "Sotto lo stesso cielo"

Evento accreditato con 3 crediti formativi COA Bologna.

#Diritto #Migrazione #DirittiUmani #Bologna



venerdì 28 febbraio 2025

L'Integrazione come Paradigma: La Visione di un Nuovo Modello di Immigrazione

 L'Integrazione come Paradigma: La Visione di un Nuovo Modello di Immigrazione

Avv. Fabio Loscerbo

Negli ultimi anni, il dibattito sull'immigrazione in Italia si è spesso polarizzato tra posizioni estremiste, che oscillano tra un'accoglienza indiscriminata e una chiusura totale. Tuttavia, la realtà richiede un approccio più strutturato e realistico, che tenga conto sia delle esigenze dello Stato che dei diritti e doveri dei migranti. La mia visione in materia di immigrazione si basa su un principio chiaro: l'integrazione deve diventare il nuovo paradigma per affrontare il fenomeno migratorio.

L’Integrazione Non è un'Opzione, ma un Dovere

L'integrazione non può essere considerata una scelta personale del migrante, ma un vero e proprio obbligo per chi decide di vivere in Italia. Il diritto di rimanere nel nostro Paese non può essere fondato esclusivamente sulla presenza di un contratto di lavoro, ma deve essere il risultato di un percorso di inclusione sociale basato su tre pilastri fondamentali:

  1. Lavoro: Il migrante deve dimostrare la volontà e la capacità di contribuire economicamente alla società, attraverso un impiego regolare o un percorso formativo finalizzato all'inserimento lavorativo.
  2. Conoscenza della Lingua: La padronanza dell'italiano è essenziale per una reale partecipazione alla vita sociale e lavorativa. Un immigrato che non conosce la lingua del Paese in cui vive rimane inevitabilmente ai margini della società.
  3. Rispetto delle Regole: La permanenza in Italia deve essere subordinata al rispetto delle leggi, del sistema giuridico e dei valori costituzionali. Chi non si conforma alle norme di convivenza civile non può pretendere di restare sul territorio nazionale.

ReImmigrazione: Chi Non si Integra Deve Tornare nel Paese di Origine

Se l'integrazione è il criterio fondamentale per l'immigrazione, ne consegue che chi non si integra deve tornare nel proprio Paese di origine. Questo principio, che possiamo definire ReImmigrazione, si basa sull'idea che l'Italia non può permettersi di mantenere situazioni di precarietà cronica o sacche di marginalità sociale che alimentano tensioni e illegalità.

Non si tratta di una politica di espulsione indiscriminata, ma di un meccanismo che incentiva i migranti a impegnarsi attivamente nel loro processo di inclusione. Se, dopo un periodo ragionevole, un individuo non ha dimostrato un serio impegno nel percorso di integrazione, il rimpatrio diventa una scelta logica e necessaria.

L’Errore della Politica Attuale: Il Legame Esclusivo tra Lavoro e Soggiorno

Uno degli errori più grandi delle attuali politiche migratorie è quello di vincolare il diritto a rimanere in Italia esclusivamente alla presenza di un impiego. Questo approccio, oltre a essere insufficiente, rischia di creare gravi distorsioni nel mercato del lavoro, incentivando sfruttamento e precarietà.

Un modello più equo e funzionale dovrebbe considerare il grado complessivo di integrazione del migrante, valutando non solo la sua posizione lavorativa, ma anche il suo coinvolgimento nella comunità, l’apprendimento della lingua e il rispetto delle regole.

Verso un Sistema Basato su Diritti e Doveri Reciproci

L'integrazione deve essere un processo bilaterale: lo Stato deve garantire strumenti efficaci per favorire l’inclusione (corsi di lingua, formazione professionale, accesso alla legalità), ma il migrante deve dimostrare di voler realmente far parte della società italiana.

Questa visione permette di superare la contrapposizione tra accoglienza passiva e respingimento indiscriminato, ponendo al centro un modello sostenibile e giuridicamente solido, che tutela sia i cittadini italiani che i migranti stessi.

Solo adottando una politica migratoria basata su integrazione, responsabilità e reciprocità, potremo costruire una società più equa, sicura e rispettosa dei diritti di tutti.

L'Integrazione come Fondamento del Diritto: La Sentenza del Tribunale di Bologna R.G. 3260/2024

 L'Integrazione come Fondamento del Diritto: La Sentenza del Tribunale di Bologna R.G. 3260/2024

Avv. Fabio Loscerbo

La recente sentenza del Tribunale di Bologna (R.G. 3260/2024) segna un passo significativo nella giurisprudenza in materia di protezione speciale. Il provvedimento riconosce il diritto al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale a un cittadino straniero, valorizzando il percorso di integrazione sociale e lavorativa in Italia come elemento determinante.

L'Integrazione come Pilastro della Protezione Speciale

Il Tribunale ha ribadito un principio fondamentale: l'integrazione deve essere il nuovo paradigma per l'immigrazione. Il diritto di rimanere in Italia non può essere legato esclusivamente alla presenza di un contratto di lavoro, ma deve basarsi su tre pilastri essenziali: lavoro, conoscenza della lingua e rispetto delle regole. Questo approccio supera la logica emergenziale e introduce una visione strutturata del fenomeno migratorio, in cui la permanenza sul territorio nazionale è strettamente connessa alla capacità del cittadino straniero di inserirsi attivamente nel tessuto sociale.

Il Caso e la Decisione del Tribunale

Il ricorrente, presente in Italia dal 2020, si è visto negare il rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale da parte della Questura di Ravenna, la quale aveva motivato il diniego evidenziando l'assenza di una documentazione sufficiente a dimostrare un percorso di integrazione adeguato. Tuttavia, il Tribunale, dopo aver analizzato il caso, ha ritenuto che il richiedente avesse sviluppato un significativo radicamento in Italia, comprovato da:

  • Attività lavorativa regolare e una progressiva autonomia economica, con stipendi documentati e contributi previdenziali versati.
  • Buona conoscenza della lingua italiana, confermata dall’ottenimento della certificazione B1 e dalla partecipazione a corsi scolastici.
  • Una rete di relazioni sociali e affettive consolidate nel territorio italiano, in cui il ricorrente ha sviluppato una vita privata riconosciuta dalle norme della CEDU.

Il Principio di ReImmigrazione e la Necessità di Regole Chiare

Il Tribunale ha quindi applicato i principi stabiliti dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, riconoscendo che il respingimento del richiedente avrebbe comportato una violazione del diritto alla vita privata e familiare, come tutelato dall'art. 8 CEDU e dall'art. 19 TUI. Questo conferma l'importanza di una valutazione complessiva dell'integrazione, che non può limitarsi a parametri formali, ma deve considerare il percorso di inserimento reale del migrante.

D’altro canto, l’integrazione non può essere vista come un’opzione, ma come un preciso obbligo per chi sceglie di stabilirsi in Italia. Chi non rispetta le regole e non intraprende un percorso di integrazione deve essere soggetto al principio della ReImmigrazione, ovvero il ritorno nel paese di origine per chi non dimostra di voler aderire ai valori della società italiana.

Verso una Nuova Politica Migratoria

La sentenza del Tribunale di Bologna rappresenta un modello per la gestione dell’immigrazione, che deve fondarsi su criteri oggettivi di integrazione e non su valutazioni discrezionali prive di fondamento. Il riconoscimento della protezione speciale non deve essere un automatismo, ma nemmeno può essere negato a chi dimostra di aver avviato un reale percorso di inclusione.

L'integrazione deve essere il criterio guida delle politiche migratorie: chi lavora, impara la lingua e rispetta le regole deve avere il diritto di restare. Al contrario, chi non si integra deve essere rimpatriato, evitando il mantenimento di situazioni di precarietà che danneggiano sia i migranti sia la società ospitante.

Questa sentenza conferma che l'Italia ha gli strumenti giuridici per premiare chi si integra e per garantire che la protezione sia concessa solo a chi realmente contribuisce alla comunità. Un passo avanti verso una gestione dell’immigrazione più equa, basata su diritti e doveri chiari e reciproci.

Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione

 Sentenza del Tribunale di Bologna N. R.G. 32343193 del 15/02/2025: L'Integrazione come Nuovo Paradigma per l'Approccio all'Immigrazione

Avv. Fabio Loscerbo

L'immigrazione non è solo una questione di gestione dei flussi e di regolamentazione amministrativa, ma un fenomeno complesso che richiede una prospettiva più ampia e strutturata. La recente sentenza del Tribunale di Bologna offre uno spunto di riflessione cruciale su come il concetto di integrazione stia assumendo un ruolo sempre più centrale nel dibattito giuridico e politico.

Dalla Protezione alla Stabilità Sociale: Il Caso Giuridico

Il Tribunale di Bologna, con la sua decisione, ha riconosciuto il diritto alla protezione speciale a una cittadina straniera, evidenziando come il suo inserimento sociale e lavorativo in Italia rappresentasse un elemento determinante ai fini della concessione del permesso di soggiorno. La pronuncia conferma l'orientamento della giurisprudenza italiana ed europea secondo cui il grado di integrazione del richiedente non può essere trascurato nella valutazione della sua posizione giuridica.

La richiedente, presente in Italia da oltre due anni, aveva intrapreso un percorso di crescita e stabilizzazione nel tessuto sociale italiano, lavorando in regola, costruendo relazioni significative e dimostrando un'effettiva autonomia abitativa. Il Tribunale ha sottolineato come l'integrazione economica e sociale sia un fattore determinante per il riconoscimento della protezione speciale, in linea con l'art. 19 del D.Lgs. 286/1998 e con la giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha affermato la necessità di valutare la vita privata e familiare del richiedente nel contesto dell'art. 8 CEDU.

Un Nuovo Modello di Valutazione: L’Integrazione come Criterio Prioritario

La sentenza segna un punto di svolta nell'approccio all'immigrazione, mettendo in evidenza che l'integrazione non è solo un'opzione, ma un diritto che deve essere tutelato. L'idea di protezione non può limitarsi esclusivamente alla presenza di pericoli oggettivi nel Paese d'origine, ma deve estendersi anche al rischio concreto di uno "sradicamento forzato" dal contesto in cui il richiedente ha costruito la propria esistenza.

L'ordinamento italiano, alla luce della riforma del 2020 e della più recente legislazione del 2023, ha progressivamente consolidato il principio secondo cui l'integrazione sociale ed economica rappresenta un elemento chiave nella concessione della protezione speciale. Il Tribunale ha espressamente riconosciuto che la perdita del lavoro, della rete sociale e della stabilità acquisita costituirebbe una grave lesione dei diritti fondamentali del richiedente, violando l'art. 8 della CEDU e gli obblighi costituzionali italiani.

Dalla Sentenza alla Politica: Un Modello da Seguire

L’integrazione deve essere concepita non solo come un parametro valutativo nei procedimenti giudiziari, ma come un obiettivo politico e amministrativo. Questo significa:

  • Migliorare l’accesso alla formazione e all’occupazione per i migranti per favorire una reale inclusione nel mercato del lavoro;

  • Promuovere politiche abitative e di sostegno sociale che consentano ai migranti di vivere in autonomia e sicurezza;

  • Adottare un approccio pragmatico alla protezione internazionale e speciale, evitando che la burocrazia si trasformi in un ostacolo insormontabile alla stabilizzazione delle persone già integrate.

Questa sentenza, dunque, non è solo una decisione favorevole a un singolo individuo, ma rappresenta un tassello fondamentale per la costruzione di una visione più moderna e inclusiva del fenomeno migratorio, in cui il riconoscimento della protezione non sia più un’eccezione concessa con riluttanza, ma un elemento strutturale della società.

Conclusione

L’integrazione non è un lusso, ma una necessità giuridica e sociale. La sentenza del Tribunale di Bologna dimostra che la stabilizzazione dei migranti attraverso il riconoscimento del loro radicamento sociale è un principio che deve guidare le scelte normative e amministrative. Il diritto alla protezione non può essere interpretato in modo restrittivo, ma deve essere letto in funzione della dignità della persona, della sua capacità di costruire una nuova vita e del contributo che essa può offrire alla comunità di accoglienza.

L’integrazione deve diventare il nuovo paradigma dell’immigrazione, per una società più equa, sicura e rispettosa dei diritti di tutti.

giovedì 27 febbraio 2025


 


Il diritto alla protezione complementare e l'obbligo della Questura: analisi di una recente ordinanza del Tribunale di Bologna

 Il diritto alla protezione complementare e l'obbligo della Questura: analisi di una recente ordinanza del Tribunale di Bologna

Introduzione La protezione complementare costituisce un elemento centrale del sistema di tutela dei richiedenti asilo in Italia, ma la sua concreta applicazione è spesso ostacolata da prassi amministrative che ne limitano l'accessibilità. In tale contesto si inserisce l'ordinanza del Tribunale di Bologna (N.R.G. 1199/2025), che ha ribadito l'obbligo della Questura di ricevere le istanze di protezione complementare e di avviare il relativo procedimento amministrativo.

Il caso sottoposto al giudizio Il ricorrente aveva presentato istanza di protezione complementare presso la Questura di Forlì il 18 novembre 2024. A seguito dell’inerzia dell’Amministrazione, il richiedente ha inoltrato due solleciti (13 e 20 gennaio 2025) senza ricevere alcun riscontro. In ragione di ciò, ha promosso ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. al fine di ottenere la fissazione di un appuntamento e il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio.

La posizione del ricorrente e il quadro normativo Il ricorrente ha invocato il diritto alla protezione complementare, richiamando la Direttiva 2013/32/UE, recepita nell’ordinamento italiano dal D.Lgs. 25/2008, e l’art. 18 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, che garantisce il diritto di asilo. Inoltre, ha fatto riferimento alla pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-808/18), che impone agli Stati membri di garantire l’accesso effettivo alla procedura di protezione.

La decisione del Tribunale Il Tribunale di Bologna ha accolto la domanda cautelare, riconoscendo la sussistenza sia del fumus boni iuris, ossia la fondatezza giuridica della pretesa, sia del periculum in mora, ovvero il rischio concreto per il ricorrente di subire un pregiudizio irreparabile in caso di ulteriore ritardo nella formalizzazione della domanda.

Il Giudice ha ritenuto che:

  1. L’inazione della Questura costituisce una violazione del diritto di accesso alla protezione internazionale e complementare, così come garantito dalla normativa nazionale ed europea.
  2. La mancata calendarizzazione di un appuntamento per la formalizzazione della domanda di protezione complementare configura un’illegittima preclusione all’esercizio di un diritto fondamentale.
  3. La disciplina introdotta dalla L. 50/2023 impone che le istanze di protezione complementare siano trattate nell’ambito della procedura per la protezione internazionale, garantendo l’accesso alla Questura per la loro formalizzazione.

Le implicazioni della pronuncia L’ordinanza stabilisce un principio di grande rilievo: la Questura non può ostacolare l’accesso alla procedura di protezione complementare mediante il proprio silenzio amministrativo. Il diritto di presentare domanda deve essere garantito attraverso la fissazione di un appuntamento e il rilascio di una ricevuta di permesso di soggiorno provvisorio.

Il Tribunale ha ordinato alla Questura di Forlì di:

  • ricevere l’istanza di protezione complementare secondo la procedura di protezione internazionale;
  • rilasciare la ricevuta di permesso di soggiorno provvisorio;
  • in alternativa, fissare un appuntamento entro 15 giorni, rilasciando un’attestazione di pendenza della procedura.

Conclusione Questa ordinanza del Tribunale di Bologna rappresenta un ulteriore passo avanti nella tutela del diritto alla protezione complementare, riaffermando il principio secondo cui l’Amministrazione è obbligata a garantire l’accesso effettivo alla procedura e non può frapporre ostacoli arbitrari alla formalizzazione delle istanze. Il provvedimento offre un importante riferimento per chi si trovi in situazioni analoghe e consolida l’orientamento giurisprudenziale volto a tutelare il diritto d’asilo e la protezione internazionale.

Avv. Fabio Loscerbo