lunedì 10 febbraio 2025

La Questura è obbligata a fissare l’appuntamento per la protezione complementare: nuova ordinanza del Tribunale di Venezia

 

La Questura è obbligata a fissare l’appuntamento per la protezione complementare: nuova ordinanza del Tribunale di Venezia

Introduzione

Una recente ordinanza del Tribunale di Venezia ha ribadito l'obbligo della Questura di fissare l’appuntamento per la formalizzazione della domanda di protezione complementare, riaffermando il diritto del richiedente ad accedere alla procedura amministrativa. La decisione rappresenta un importante precedente per coloro che si trovano in una situazione di stallo a causa dell'inerzia della Pubblica Amministrazione.

Il Caso

Il ricorrente aveva presentato una formale richiesta di protezione complementare presso la Questura competente, ma non aveva ricevuto alcuna risposta. Nonostante numerosi solleciti, l’Amministrazione non aveva fissato l’appuntamento necessario alla formalizzazione della domanda, lasciando il richiedente in una condizione di irregolarità amministrativa.

Di fronte a questo immobilismo, il richiedente ha deciso di adire le vie legali, proponendo un ricorso d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c., volto a ottenere un ordine giudiziale per la fissazione dell’appuntamento e l’avvio della procedura amministrativa.

La Decisione del Tribunale

Il Tribunale di Venezia ha accolto parzialmente il ricorso, confermando che:

  1. L’inerzia della Questura viola il diritto del richiedente di accedere alla protezione complementare. Anche solo per rigettare la richiesta, l’Amministrazione ha il dovere di fissare un appuntamento e formalizzare la domanda.

  2. Il ritardo nell'avvio della procedura configura un pericolo concreto per il richiedente, che rimane esposto al rischio di irregolarità e possibile rimpatrio forzato senza aver potuto esercitare pienamente il proprio diritto alla protezione.

  3. L’ordine di fissazione dell’appuntamento è immediatamente esecutivo, e la Questura è tenuta a darne seguito senza ulteriori ritardi.

Tuttavia, il Giudice ha chiarito che la decisione sull'accoglimento o il rigetto della domanda di protezione complementare rimane di competenza dell'Amministrazione e non può essere anticipata in sede giudiziaria.

Implicazioni della Sentenza

Questa ordinanza conferma un orientamento sempre più consolidato nella giurisprudenza di merito: la Pubblica Amministrazione non può negare l’accesso alla protezione complementare attraverso il silenzio o l’inerzia procedurale. Se un richiedente ha manifestato la volontà di accedere alla protezione, la Questura è obbligata a procedere con l’istruttoria e a consentire la presentazione formale della domanda.

Inoltre, il provvedimento rafforza il concetto di tutela giurisdizionale nei confronti di prassi amministrative scorrette o dilatorie, permettendo ai richiedenti di ottenere giustizia in tempi più rapidi attraverso strumenti come il ricorso ex art. 700 c.p.c..

Conclusioni

Questa decisione rappresenta un significativo passo avanti nella tutela dei diritti dei richiedenti protezione complementare, confermando che il silenzio amministrativo non può tradursi in una negazione di fatto dei diritti fondamentali.

Per chi si trovasse in una situazione simile, è consigliabile agire tempestivamente per far valere i propri diritti, eventualmente con il supporto di un legale esperto in diritto dell'immigrazione.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell’Unione Europea – ID: 280782895721-36

sabato 8 febbraio 2025

Diritto all'Iscrizione Anagrafica per i Richiedenti Protezione: Nuovi Sviluppi Giurisprudenziali

 

Diritto all'Iscrizione Anagrafica per i Richiedenti Protezione: Nuovi Sviluppi Giurisprudenziali

L’iscrizione anagrafica è un diritto fondamentale per i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti in Italia, in quanto consente l’accesso ai servizi essenziali come sanità, istruzione e lavoro. Tuttavia, in diversi casi, le amministrazioni locali rifiutano l’iscrizione ai richiedenti protezione speciale o complementare, sostenendo l’assenza di un permesso di soggiorno definitivo.

Recenti pronunce dei tribunali italiani hanno ribadito che il permesso di soggiorno provvisorio – derivante dalla presentazione di una richiesta di protezione – è un titolo valido per l’iscrizione anagrafica. Questo principio si basa sull’interpretazione dell’art. 19, comma 1.2, del Testo Unico sull’Immigrazione, che riconosce il diritto alla residenza in presenza di un soggiorno regolare, anche temporaneo.

La giurisprudenza sta progressivamente consolidando il principio secondo cui la protezione internazionale e complementare garantisce diritti fondamentali, compreso quello all’iscrizione anagrafica, contrastando prassi restrittive delle amministrazioni locali. Continueremo a monitorare l’evoluzione normativa e giudiziaria per assicurare la piena tutela dei diritti dei cittadini stranieri.

Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36


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📢 L’Importanza dell’Integrazione Sociale nel Diritto dell’Immigrazione

 

📢 L’Importanza dell’Integrazione Sociale nel Diritto dell’Immigrazione

L’integrazione sociale è un elemento centrale nelle politiche migratorie e nelle decisioni giuridiche in materia di permessi di soggiorno e protezione speciale. I tribunali italiani riconoscono sempre più spesso il valore del radicamento sociale e lavorativo come fattore determinante nella valutazione delle richieste di soggiorno.

📌 Quali sono gli elementi chiave dell’integrazione?
Attività lavorativa stabile → Un impiego regolare dimostra l’inserimento nella società.
Percorso scolastico o formativo → L’accesso all’istruzione è una garanzia di inclusione.
Legami familiari e sociali → La rete di relazioni è un elemento essenziale per la stabilità.

👨‍⚖️ Cosa dice la giurisprudenza?
Le recenti pronunce dei tribunali ribadiscono che negare un permesso di soggiorno a chi ha costruito una vita stabile in Italia potrebbe rappresentare una violazione del principio di proporzionalità, in linea con le normative europee e la tutela dei diritti fondamentali.


Avv. Fabio Loscerbo
🛡 Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

📢 Garanzie Procedurali nel Diritto dell'Immigrazione: Un Principio Fondamentale per la Tutela dei Diritti

 

📢 Garanzie Procedurali nel Diritto dell'Immigrazione: Un Principio Fondamentale per la Tutela dei Diritti

Le garanzie procedurali nel diritto dell'immigrazione rappresentano un elemento essenziale per assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini stranieri. Senza una procedura equa e trasparente, il rischio di decisioni arbitrarie e lesive dei diritti della persona aumenta notevolmente.

📌 Principali garanzie previste dall’ordinamento
Diritto di difesa → Ogni richiedente deve poter presentare memorie, prove e argomentazioni a supporto della propria posizione, con l'assistenza di un avvocato.
Diritto a un’interpretazione linguistica adeguata → Essenziale affinché il richiedente comprenda il contenuto delle decisioni e possa esercitare efficacemente i propri diritti.
Diritto alla motivazione del provvedimento → Ogni diniego deve essere giustificato con motivazioni chiare e dettagliate, per permettere un eventuale ricorso.
Diritto a un ricorso effettivo → Contro i provvedimenti negativi, il richiedente deve poter ricorrere davanti a un giudice in tempi ragionevoli e con strumenti adeguati.

👨‍⚖️ Quali sono le criticità?
Molte volte, queste garanzie vengono ridotte nei procedimenti accelerati o nei casi di espulsione immediata, mettendo a rischio la protezione dei diritti fondamentali. L’evoluzione giurisprudenziale ha più volte riaffermato l'importanza di un giusto processo anche in materia di immigrazione.


Avv. Fabio Loscerbo
🛡 Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

📢 Protezione Complementare: Nuove Sviluppi Giurisprudenziali

 

📢 Protezione Complementare: Nuove Sviluppi Giurisprudenziali

Negli ultimi mesi, diverse sentenze hanno chiarito aspetti cruciali della protezione complementare, confermando la necessità di valutare attentamente le situazioni individuali dei richiedenti.

📌 Principali aggiornamenti:
✔ Il radicamento sociale e lavorativo in Italia continua a essere un elemento centrale nella valutazione delle domande.
✔ Alcuni tribunali hanno ribadito che l’integrazione non può essere ignorata nell’analisi del rischio di trattamento inumano o degradante nel Paese d'origine.


Avv. Fabio Loscerbo
🛡 Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

📢 Nuove Sfide per la Protezione Complementare in Italia

 

📢 Nuove Sfide per la Protezione Complementare in Italia

Negli ultimi mesi, il tema della protezione complementare ha assunto un ruolo centrale nel dibattito giuridico italiano. Le recenti sentenze confermano la necessità di un’interpretazione costituzionalmente orientata delle norme in materia di immigrazione.

📌 Cosa sta cambiando?
Molti tribunali stanno riconoscendo il diritto dei richiedenti a una protezione più ampia, specialmente in situazioni di vulnerabilità sociale e radicamento in Italia.

Avv. Fabio Loscerbo
🛡 Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

Il Permesso di Soggiorno per Cure Mediche: Una Tutela Fondamentale per il Diritto alla Salute

  

Il Permesso di Soggiorno per Cure Mediche: Una Tutela Fondamentale per il Diritto alla Salute

Il permesso di soggiorno per cure mediche rappresenta uno strumento essenziale nel garantire il diritto alla salute e all'unità familiare, soprattutto per quei nuclei che si trovano a fronteggiare gravi patologie. Il caso esaminato riguarda una famiglia residente in Italia, il cui membro più giovane è affetto da una malattia genetica rara e invalidante, la fibrosi cistica, che richiede cure continuative e la presenza costante dei genitori come assistenti primari.

Il Quadro Normativo di Riferimento

Il rilascio di questo tipo di permesso si fonda sull’art. 19, comma 2, lettera d-bis, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione), il quale vieta l’espulsione degli stranieri che necessitano di cure essenziali per la propria sopravvivenza o che assistono familiari in situazioni di grave vulnerabilità. Questo principio è ulteriormente rafforzato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 44/2022, che ha sancito il diritto del padre di un minore gravemente malato di ottenere un permesso per garantire il suo supporto.

Anche la giurisprudenza sovranazionale si pone a tutela di questi diritti:

  • Art. 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo): tutela la vita privata e familiare, imponendo agli Stati di garantire misure positive per l’unità familiare.
  • Convenzione sui Diritti del Fanciullo: riconosce il superiore interesse del minore e il diritto alla salute come diritti imprescindibili.
  • Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE: rafforza il diritto alla vita familiare e alla salute.

Il Caso Analizzato

Nel caso specifico, una minore affetta da fibrosi cistica, che richiede cure complesse e continuative, ha già ottenuto un permesso di soggiorno per cure mediche insieme alla madre. Tuttavia, il padre, nonostante il suo ruolo cruciale come assistente familiare, è privo di un titolo di soggiorno. Il mancato rilascio di un permesso in suo favore rappresenta una violazione grave dei principi sopra citati, mettendo a rischio sia la salute della minore sia l’unità del nucleo familiare.

L'Importanza del Ruolo Genitoriale

Le cure richieste da questa patologia comprendono:

  • Terapie farmacologiche e respiratorie giornaliere.
  • Supporto nutrizionale e monitoraggio continuo.
  • Assistenza durante ricoveri e visite mediche.

La presenza del genitore, in questo caso del padre, è fondamentale non solo per il supporto pratico ma anche per l’equilibrio psicologico del minore. L’assenza di un permesso per cure mediche per il padre crea una disparità nella tutela dei diritti della famiglia e ostacola il benessere del minore.

Le Richieste alla Pubblica Amministrazione

La famiglia ha richiesto alla Questura competente:

  1. Il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche in favore del padre, che possa garantire la piena assistenza alla figlia malata.
  2. La fissazione di un appuntamento per attivare la procedura e la consegna della documentazione necessaria.
  3. L’adozione di una procedura semplificata per garantire un esito rapido, data la gravità della situazione.

Giurisprudenza a Sostegno

La recentissima ordinanza del Tribunale di Bologna (R.G. n. 11014/2021) ha ribadito l’obbligo delle Questure di ricevere e istruire le domande di permesso di soggiorno per cure mediche, censurando rifiuti informali o basati su meri formalismi. Il diritto alla salute, in tali casi, deve prevalere su ogni altro aspetto.

Conclusione

Questo caso sottolinea l’importanza di un approccio amministrativo che privilegi i diritti fondamentali della persona, in particolare del minore, e la necessità di garantire una tutela effettiva e non solo formale. La salute e il benessere della minore dipendono dalla possibilità che entrambi i genitori possano essere presenti e attivamente coinvolti nel percorso terapeutico.

L’auspicio è che le autorità competenti accolgano rapidamente la richiesta della famiglia, riconoscendo il diritto del padre al permesso di soggiorno per cure mediche, per tutelare l’integrità familiare e garantire una qualità di vita dignitosa alla minore.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

Hashtag

#DirittoAllaSalute #Immigrazione #UnitàFamiliare #FibrosiCistica #PermessoDiSoggiorno #TutelaMinori #DirittiUmani #CEDU #CorteCostituzionale #AvvocatoImmigrazione

Le Ultime Novità sulla Protezione Complementare in Italia

 

Le Ultime Novità sulla Protezione Complementare in Italia

📌 La protezione complementare rappresenta una delle tematiche più discusse nell’ambito del diritto dell’immigrazione. Recenti sentenze e aggiornamenti normativi hanno evidenziato importanti sviluppi che meritano attenzione.

Nel corso del 2024, numerosi tribunali italiani hanno consolidato un orientamento favorevole al riconoscimento della protezione complementare per coloro che, pur non rientrando nella definizione di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, rischiano di subire trattamenti inumani o degradanti nel Paese di origine.

📖 Giurisprudenza e normativa
Tra le decisioni più rilevanti, spicca l’ordinanza del Tribunale di Bologna (N.R.G. 9470/2023), che ha confermato il diritto del richiedente a formalizzare la propria domanda di protezione speciale anche se presentata prima dell’entrata in vigore delle modifiche normative introdotte dal D.L. 20/2023.

Questa interpretazione giurisprudenziale sottolinea il ruolo centrale del principio di non respingimento e del rispetto dei diritti fondamentali della persona.

🔎 Prospettive future
Le modifiche normative in materia di protezione complementare continuano a essere oggetto di dibattito. Gli operatori del settore auspicano una maggiore chiarezza legislativa per garantire una maggiore tutela dei diritti dei richiedenti asilo.

📌 Se sei interessato a rimanere aggiornato sulle ultime novità giuridiche in materia di immigrazione, continua a seguirmi su:

🔗 Sito ufficialehttps://www.avvocatofabioloscerbo.it
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📖 Blog di approfondimentohttps://osservatoriogiuridicoimmigrazione.blogspot.com/


✍ Avv. Fabio Loscerbo
🛡 Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

Le Ultime Novità sulla Protezione Complementare in Italia

 

Le Ultime Novità sulla Protezione Complementare in Italia

📌 La protezione complementare rappresenta una delle tematiche più discusse nell’ambito del diritto dell’immigrazione. Recenti sentenze e aggiornamenti normativi hanno evidenziato importanti sviluppi che meritano attenzione.

Nel corso del 2024, numerosi tribunali italiani hanno consolidato un orientamento favorevole al riconoscimento della protezione complementare per coloro che, pur non rientrando nella definizione di rifugiato ai sensi della Convenzione di Ginevra, rischiano di subire trattamenti inumani o degradanti nel Paese di origine.

📖 Giurisprudenza e normativa
Tra le decisioni più rilevanti, spicca l’ordinanza del Tribunale di Bologna (N.R.G. 9470/2023), che ha confermato il diritto del richiedente a formalizzare la propria domanda di protezione speciale anche se presentata prima dell’entrata in vigore delle modifiche normative introdotte dal D.L. 20/2023.

Questa interpretazione giurisprudenziale sottolinea il ruolo centrale del principio di non respingimento e del rispetto dei diritti fondamentali della persona.

🔎 Prospettive future
Le modifiche normative in materia di protezione complementare continuano a essere oggetto di dibattito. Gli operatori del settore auspicano una maggiore chiarezza legislativa per garantire una maggiore tutela dei diritti dei richiedenti asilo.

📌 Se sei interessato a rimanere aggiornato sulle ultime novità giuridiche in materia di immigrazione, continua a seguirmi su:

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mercoledì 5 febbraio 2025

Il Permesso di Soggiorno per Cure Mediche: Una Tutela Fondamentale per il Diritto alla Salute

 

Il Permesso di Soggiorno per Cure Mediche: Una Tutela Fondamentale per il Diritto alla Salute

Il permesso di soggiorno per cure mediche rappresenta uno strumento essenziale nel garantire il diritto alla salute e all'unità familiare, soprattutto per quei nuclei che si trovano a fronteggiare gravi patologie. Il caso esaminato riguarda una famiglia residente in Italia, il cui membro più giovane è affetto da una malattia genetica rara e invalidante, la fibrosi cistica, che richiede cure continuative e la presenza costante dei genitori come assistenti primari.

Il Quadro Normativo di Riferimento

Il rilascio di questo tipo di permesso si fonda sull’art. 19, comma 2, lettera d-bis, del D.Lgs. 286/1998 (Testo Unico sull’Immigrazione), il quale vieta l’espulsione degli stranieri che necessitano di cure essenziali per la propria sopravvivenza o che assistono familiari in situazioni di grave vulnerabilità. Questo principio è ulteriormente rafforzato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 44/2022, che ha sancito il diritto del padre di un minore gravemente malato di ottenere un permesso per garantire il suo supporto.

Anche la giurisprudenza sovranazionale si pone a tutela di questi diritti:

  • Art. 8 della CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo): tutela la vita privata e familiare, imponendo agli Stati di garantire misure positive per l’unità familiare.
  • Convenzione sui Diritti del Fanciullo: riconosce il superiore interesse del minore e il diritto alla salute come diritti imprescindibili.
  • Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE: rafforza il diritto alla vita familiare e alla salute.

Il Caso Analizzato

Nel caso specifico, una minore affetta da fibrosi cistica, che richiede cure complesse e continuative, ha già ottenuto un permesso di soggiorno per cure mediche insieme alla madre. Tuttavia, il padre, nonostante il suo ruolo cruciale come assistente familiare, è privo di un titolo di soggiorno. Il mancato rilascio di un permesso in suo favore rappresenta una violazione grave dei principi sopra citati, mettendo a rischio sia la salute della minore sia l’unità del nucleo familiare.

L'Importanza del Ruolo Genitoriale

Le cure richieste da questa patologia comprendono:

  • Terapie farmacologiche e respiratorie giornaliere.
  • Supporto nutrizionale e monitoraggio continuo.
  • Assistenza durante ricoveri e visite mediche.

La presenza del genitore, in questo caso del padre, è fondamentale non solo per il supporto pratico ma anche per l’equilibrio psicologico del minore. L’assenza di un permesso per cure mediche per il padre crea una disparità nella tutela dei diritti della famiglia e ostacola il benessere del minore.

Le Richieste alla Pubblica Amministrazione

La famiglia ha richiesto alla Questura competente:

  1. Il rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche in favore del padre, che possa garantire la piena assistenza alla figlia malata.
  2. La fissazione di un appuntamento per attivare la procedura e la consegna della documentazione necessaria.
  3. L’adozione di una procedura semplificata per garantire un esito rapido, data la gravità della situazione.

Giurisprudenza a Sostegno

La recentissima ordinanza del Tribunale di Bologna (R.G. n. 11014/2021) ha ribadito l’obbligo delle Questure di ricevere e istruire le domande di permesso di soggiorno per cure mediche, censurando rifiuti informali o basati su meri formalismi. Il diritto alla salute, in tali casi, deve prevalere su ogni altro aspetto.

Conclusione

Questo caso sottolinea l’importanza di un approccio amministrativo che privilegi i diritti fondamentali della persona, in particolare del minore, e la necessità di garantire una tutela effettiva e non solo formale. La salute e il benessere della minore dipendono dalla possibilità che entrambi i genitori possano essere presenti e attivamente coinvolti nel percorso terapeutico.

L’auspicio è che le autorità competenti accolgano rapidamente la richiesta della famiglia, riconoscendo il diritto del padre al permesso di soggiorno per cure mediche, per tutelare l’integrità familiare e garantire una qualità di vita dignitosa alla minore.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

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#DirittoAllaSalute #Immigrazione #UnitàFamiliare #FibrosiCistica #PermessoDiSoggiorno #TutelaMinori #DirittiUmani #CEDU #CorteCostituzionale #AvvocatoImmigrazione

martedì 4 febbraio 2025

Il Tribunale di Cagliari Riconosce la Protezione Speciale: Un Caso di Rilevanza per il Diritto dell'Immigrazione

 

Il Tribunale di Cagliari Riconosce la Protezione Speciale: Un Caso di Rilevanza per il Diritto dell'Immigrazione

Autore: Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo
Registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36


Il Tribunale di Cagliari, con il decreto del 30 gennaio 2025 (R.G. 2296/2024), ha accolto il ricorso presentato da un cittadino tunisino contro il rigetto della sua domanda di protezione internazionale. Pur escludendo il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i presupposti per il rilascio di un permesso di soggiorno per protezione speciale, ai sensi dell’art. 19, commi 1.1 e 1.2, del D. Lgs. 286/1998, così come modificato dal D.L. n. 20/2023.

Motivazioni della Decisione

Il ricorrente aveva lasciato la Tunisia nel 2020, sbarcando in Italia dopo un viaggio via mare. Il diniego della protezione internazionale era motivato dall’assenza di elementi di persecuzione personale o rischio grave nel Paese d'origine, ma il Tribunale ha valorizzato l’integrazione sociale e lavorativa dell'interessato in Italia.

La decisione sottolinea che il richiedente:

  • Risiede in Italia da diversi anni,
  • Ha avuto esperienze lavorative documentate,
  • Ha dimostrato un effettivo inserimento nel tessuto sociale,
  • Sostiene economicamente la famiglia nel Paese d’origine.

Il Tribunale ha richiamato l’art. 8 della CEDU e l’art. 7 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, riconoscendo che un rimpatrio forzato avrebbe violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

Implicazioni Giuridiche

Questa pronuncia si inserisce in un orientamento giurisprudenziale consolidato, che enfatizza l’importanza del radicamento sociale come criterio per il rilascio della protezione speciale. Il decreto impone alla Questura territorialmente competente di procedere al rilascio del permesso di soggiorno per protezione speciale, con l’obbligo di rispettare la decisione giudiziaria.

Questa sentenza rappresenta un ulteriore riconoscimento della centralità dell’integrazione sociale come elemento fondante della protezione speciale, rafforzando il diritto al soggiorno per coloro che hanno costruito un legame stabile con l’Italia.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo
Registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

sabato 1 febbraio 2025

Diritto dell’Immigrazione e il Concetto di ReImmigrazione: Integrazione o Ritorno?

 Diritto dell’Immigrazione e il Concetto di ReImmigrazione: Integrazione o Ritorno?

Introduzione

Nel dibattito giuridico e sociale sull'immigrazione, il concetto di integrazione è spesso considerato il punto di arrivo di un percorso che inizia con l'ingresso del migrante nel Paese ospitante e si conclude con la sua piena partecipazione alla vita sociale, economica e culturale. Tuttavia, un fenomeno meno esplorato, ma in crescita, è quello della ReImmigrazione, intesa come il ritorno di un migrante nel Paese d'origine o in un terzo Stato dopo un periodo di integrazione nel Paese ospitante.

Integrazione: Un Obiettivo Giuridico e Sociale

L’integrazione degli stranieri è un obiettivo riconosciuto dal diritto dell’Unione Europea e dalle normative nazionali. Essa si fonda su pilastri quali:

  • Accesso al mercato del lavoro, spesso agevolato da permessi di soggiorno per motivi di lavoro o protezione;
  • Partecipazione sociale, attraverso il diritto all’istruzione, alla salute e alla sicurezza sociale;
  • Protezione giuridica, tramite strumenti come la protezione internazionale, speciale o complementare.

Tuttavia, l'integrazione non è sempre un processo lineare e irreversibile. Alcuni migranti, dopo aver raggiunto un buon livello di stabilità, decidono di lasciare il Paese ospitante per varie ragioni, dando vita al fenomeno della ReImmigrazione.

Il Concetto di ReImmigrazione

Con ReImmigrazione si intende il ritorno volontario o indotto di un migrante in un altro contesto migratorio dopo un periodo di stabilità in un Paese. Questo concetto si distingue dal semplice rimpatrio, che spesso avviene per cause di forza maggiore (dinieghi di protezione, espulsioni, difficoltà economiche), e si caratterizza per un elemento di scelta e pianificazione.

I motivi alla base della ReImmigrazione possono essere:

  • Aspettative non soddisfatte: il migrante, pur integrato, può non trovare nel Paese di accoglienza le opportunità sperate e decide di cercarle altrove.
  • Riconoscimento giuridico limitato: restrizioni nei rinnovi dei permessi di soggiorno o difficoltà burocratiche spingono molti a spostarsi in Stati con normative più favorevoli.
  • Legami con il Paese d’origine: il miglioramento delle condizioni economiche o politiche del Paese natale può indurre il migrante a rientrare e contribuire allo sviluppo locale con le competenze acquisite.
  • Mobilità intra-UE: molti migranti stabiliti in un Paese europeo scelgono di trasferirsi in un altro Stato membro, sfruttando il riconoscimento della protezione internazionale o del permesso di soggiorno.

ReImmigrazione e Diritto dell’Immigrazione

Il diritto dell’immigrazione deve evolversi per rispondere a queste nuove dinamiche. Alcune misure che potrebbero agevolare una ReImmigrazione consapevole e tutelata includono:

  1. Programmi di Rientro Assistito: garantire che i migranti che scelgono di lasciare il Paese possano farlo con adeguato supporto, evitando situazioni di precarietà.
  2. Mobilità intra-UE per migranti regolari: agevolare il riconoscimento di titoli di soggiorno tra Stati membri, evitando che chi ha già un’integrazione avviata debba ripartire da zero.
  3. Diritto al Rientro: prevedere meccanismi che consentano ai migranti di poter tornare nel Paese ospitante, qualora lo desiderino, senza perdere i diritti acquisiti.

Conclusione

La ReImmigrazione sfida l’idea tradizionale di immigrazione come percorso a senso unico. I legislatori e i giuristi devono tenerne conto nella costruzione di un diritto dell’immigrazione più dinamico, che riconosca la mobilità come un elemento positivo e non come una perdita. L’integrazione, infatti, non dovrebbe essere vista solo come un processo definitivo, ma anche come un capitale di esperienze e competenze che può essere speso in diversi contesti, garantendo sia la libertà individuale del migrante che il beneficio per le società coinvolte.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36

mercoledì 29 gennaio 2025

Il Tribunale di Bologna riconosce il diritto al lavoro del richiedente asilo: una sentenza che tutela diritti e dignità

 Il Tribunale di Bologna riconosce il diritto al lavoro del richiedente asilo: una sentenza che tutela diritti e dignità

Con il decreto del 20 febbraio 2024 (RG. 601/2024), il Tribunale di Bologna ha emesso una decisione di grande rilevanza in materia di protezione internazionale, chiarendo due aspetti fondamentali relativi al diritto dei richiedenti asilo: l’anticipazione degli appuntamenti per la formalizzazione delle domande di protezione e il diritto allo svolgimento di attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione.

Il contesto del caso

Il ricorrente aveva espresso la volontà di presentare una domanda reiterata di protezione internazionale nell’ottobre 2023, ma l’appuntamento per la formalizzazione della domanda presso la Questura era stato fissato solo a marzo 2024. Nel frattempo, il richiedente era stato destinatario di un provvedimento di espulsione e di un ordine di allontanamento, successivamente sospesi dal Giudice di pace. Con un ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il richiedente ha chiesto al Tribunale:

  1. L’anticipazione dell’appuntamento per la formalizzazione della domanda.
  2. L’accertamento del diritto a svolgere attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione.

Il diritto alla formalizzazione nei termini previsti dalla legge

Sul primo aspetto, il Tribunale ha riconosciuto che il termine di 5 mesi tra la manifestazione della volontà e l’appuntamento per la formalizzazione della domanda supera abbondantemente il limite previsto dall’art. 26, comma 2-bis del D.Lgs. 25/2008, che stabilisce tempi più contenuti per la formalizzazione delle domande di protezione internazionale. Tuttavia, il giudice ha escluso il periculum in mora per l’anticipazione dell’appuntamento poiché l’udienza cautelare si è svolta pochi giorni prima della data fissata dalla Questura e il rischio di espulsione era già scongiurato grazie alla sospensione del provvedimento di allontanamento da parte del Giudice di pace.

Il diritto al lavoro e la decorrenza del termine

Più rilevante e innovativa è stata la decisione sul secondo profilo, riguardante il diritto del richiedente asilo a svolgere attività lavorativa decorsi 60 giorni dalla manifestazione della volontà. Il Tribunale ha sottolineato che il diritto alla formalizzazione tempestiva della domanda di protezione non è solo un aspetto formale, ma rappresenta una garanzia fondamentale per il richiedente. Questo diritto mira a consentire al richiedente di avere i mezzi di sostentamento necessari e, al contempo, risponde all’interesse pubblico di evitare situazioni che potrebbero portare al lavoro nero o ad attività illecite.

Il Tribunale ha interpretato il termine di 60 giorni, previsto dall’art. 22, comma 1 del D.Lgs. 142/2015 per l’autorizzazione al lavoro, come decorrente dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione internazionale presso la Questura, e non dalla formalizzazione della domanda (mediante la redazione del modello C3). Tale interpretazione, conforme alla ratio della norma, tiene conto del rischio che le esigenze organizzative delle Questure ricadano in modo sproporzionato sui richiedenti asilo, causando effetti criminogeni, quali il lavoro nero o l’esclusione sociale.

Il rilascio del permesso di soggiorno provvisorio

A rafforzare questa interpretazione, il Tribunale ha stabilito che al ricorrente debba essere rilasciato un permesso di soggiorno provvisorio ex art. 4 del D.Lgs. 142/2015, con effetto immediato di autorizzazione al lavoro. Questa disposizione garantisce una protezione effettiva e immediata, evitando che i ritardi nella formalizzazione possano tradursi in una negazione di diritti fondamentali.

Conclusioni

La decisione del Tribunale di Bologna rappresenta un’importante affermazione del diritto al lavoro per i richiedenti asilo, sancendo che il termine di 60 giorni per l’autorizzazione al lavoro decorre dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione e non dalla formalizzazione della domanda. Questo approccio evita che le inefficienze amministrative delle Questure possano compromettere i diritti dei richiedenti, tutelando al contempo la loro dignità e la loro inclusione socio-economica.

Questa sentenza pone l’accento sull’importanza di garantire un trattamento giusto ed equo ai richiedenti asilo, nel rispetto sia dei loro diritti fondamentali sia dell’interesse pubblico. Una decisione che, al di là del caso specifico, offre un precedente significativo per la tutela dei diritti dei migranti nel sistema giuridico italiano.


Avv. Fabio Loscerbo
Lobbista in materia di Migrazione e Asilo registrato presso il Registro per la Trasparenza dell'Unione Europea – ID: 280782895721-36